ISRAELE 2018-2020
IL FICO MALEDETTO - ISRAELE - IL POPOLO DI DIO?
Capitolo 64: La condanna di un popolo
L’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme fu una pallida anticipazione della sua venuta sulle nuvole del cielo con potenza e gloria, fra il trionfo degli angeli e la gioia dei santi. Allora si adempiranno le parole di Gesù ai sacerdoti e ai farisei: “Infatti vi dico che da ora in poi non mi vedrete più, finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” Matteo 23:39. Zaccaria contemplò in visione il giorno del trionfo finale e la condanna di coloro che hanno rifiutato Gesù alla sua prima venuta. “Essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto, e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito”.Zaccaria 12:10. Gesù aveva previsto questa scena quando contemplando la città aveva pianto su di essa. Nella disfatta terrena di Gerusalemme vedeva la distruzione finale del popolo, colpevole di aver sparso il sangue del Figlio di Dio.{GN 437.1}
I discepoli si rendevano conto dell’odio degli ebrei nei confronti di Gesù, ma non potevano conoscerne i risultati. Non sapevano né la reale condizione d’Israele né quale castigo si sarebbe abbattuto su Gerusalemme; Gesù fece loro comprendere questo con una parabola molto significativa. {GN 437.2}
L’ultimo appello non era stato ascoltato. La folla, rispondendo alla domanda dei sacerdoti e dei capi “Chi è costui?” (Matteo 21:11), aveva ricordato la voce degli antichi profeti, ma questa risposta non fu accolta come una testimonianza sincera. Anzi i sacerdoti e i capi, stupiti e adirati, cercarono di far tacere il popolo. Giunsero perfino a denunciare Gesù — presso alcuni ufficiali romani che erano presenti tra la folla — come capo di una rivolta. Dissero che voleva impossessarsi del tempio e regnare su Gerusalemme.{GN 437.3}
La voce calma del Maestro fece tacere per un momento il clamore della folla mentre diceva che non era venuto per fondare un regno terreno; presto egli sarebbe salito al Padre e i suoi accusatori non lo avrebbero rivisto sino al suo ritorno glorioso. Allora, ma troppo tardi, lo avrebbero riconosciuto. Gesù pronunciò quelle parole con tristezza e con eccezionale autorità. Gli ufficiali romani ne rimaseroconvinti; i loro cuori, sebbene non ancora aperti all’influsso divino, furono toccati come mai nel passato e scorsero nel volto calmo e solenne di Gesù amore, benevolenza e serena dignità. Provarono una simpatia spontanea e, invece di arrestarlo, si sentirono spinti a onorarlo. Pertanto, ritorsero sui sacerdoti e sui capi l’accusa di fomentare disordini. Questi ultimi, esacerbati e sconfitti, si sfogarono con la folla e discussero aspramente fra loro. {GN 437.4}
Nel frattempo Gesù giunse inosservato al tempio. C’era molto silenzio; la folla si era riversata sul monte degli Ulivi. Gesù contemplò addolorato il tempio, poi se ne tornò a Betania con i suoi discepoli; e quando la folla lo cercò per farlo re, non riuscì a trovarlo. {GN 438.1}
Dopo aver trascorso la notte in preghiera, la mattina Gesù tornò al tempio. Lungo il cammino passò per un frutteto. Aveva fame. “Veduto di lontano un fico, che aveva delle foglie, andò a vedere se vi trovasse qualche cosa; ma, avvicinatosi al fico non vi trovò niente altro che foglie; perché non era la stagione dei fichi”. Marco 11:13. {GN 438.2}
Solo in certe località si potevano trovare in quel periodo dei fichi maturi, e si poteva dire che negli altipiani che circondavano Gerusalemme la stagione dei fichi non era ancora giunta. Ma in quel frutteto un albero era più avanti degli altri ed era tutto rivestito di foglie. Solitamente i frutti appaiono prima delle foglie; quell’albero verde prometteva di avere frutti ben maturi, ma la sua apparenza ingannava. Gesù cercò fra i rami, ma non trovò “nient’altro che foglie”. Solo foglie, promessa di un frutto mancante. {GN 438.3}
Gesù allora maledisse quell’albero. “Nessuno mangi mai più frutto da te!” Versetto 14. Il mattino seguente, quando Gesù e i discepoli passarono dallo stesso posto, scorsero i rami secchi e le foglie appassite di quel fico. “Pietro, ricordatosi, gli disse: Maestro, vedi, il fico che tu maledicesti è seccato”. Versetto 21. {GN 438.4}
I discepoli avevano udito con sbigottimento la maledizione pronunciata da Gesù. Non era quello il modo abituale di comportarsi del Maestro. Spesso aveva detto che non era venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo. Aveva agito in modo meraviglioso per sanare e non per distruggere. I discepoli lo avevano conosciuto soltanto come colui che restaurava e che guariva. Quella maledizione rimaneva un fatto isolato e i discepoli si chiedevano quale ne fosse il significato. {GN 438.5}
Dio “si compiace d’usare misericordia”. Michea 7:18. “Com’è vero che io vivo, dice Dio, il Signore, io non mi compiaccio della morte dell’empio”. Ezechiele 33:11. Giudizio e distruzione sono per lui un “lavoro inaudito”. Isaia 28:21. Ma proprio per la sua misericordia e il suo amo re, solleva il velo del futuro e rivela agli uomini le conseguenze della maledizione del peccato. {GN 438.6}
La maledizione sul fico era una parabola. Quel fico sterile, che ostentava foglie rigogliose, era un simbolo della nazione israelita, Gesù voleva che i discepoli conoscesseroil motivo della condanna d’Israele. Per questo attribuì all’albero qualità morali e se ne servì per esporre una verità divina. Gli ebrei si tenevano separati da tutti gli altri popoli per la loro alleanza con Dio. Il Signore aveva concesso loro dei privilegi, e per questo essi si ritenevano più giusti di tutte le altre nazioni. Sebbene contaminati dall’amore del mondo e dalla sete del guadagno, si vantavano della loro conoscenza e, pieni di ipocrisia, in realtà ignoravano la chiara volontà di Dio. Come il fico seccato, stendevano i loro bei rami rigogliosi, ma che non avevano “nien-t’altro che foglie”. La religione ebraica, con il suo stupendo tempio, con i suoi sacri altari, con i suoi ricchi paramenti sacerdotali, con le sue suggestive cerimonie, aveva una magnifica apparenza esteriore, ma era priva di umiltà, amore e benevolenza. {GN 439.1}
Tutti gli alberi di fico di quel frutteto non avevano frutta, ma quelli senza foglie non provocavano un’attesa illusoria e una successiva delusione. Quegli alberi simboleggiavano i pagani. Essi, come gli ebrei, non vivevano una vera vita spirituale ma, a differenza di questi ultimi, non facevano professione di servire Dio e non si vantavano della loro religiosità. Erano ciechi davanti alle opere e alle vie di Dio; per loro non era ancora giunta la stagione dei fichi: aspettavano il giorno della luce e della speranza. Gli israeliti invece, che avevano ricevuto grandi benedizioni, dovevano rendere conto del cattivo uso di quei doni. La loro colpa era maggiore, proprio per i privilegi di cui si vantavano. {GN 439.2}
Gesù, affamato, si era avvicinato al fico per cercare del cibo. Nello stesso modo si era avvicinato a Israele con la speranza di trovarvi frutti di giustizia. Aveva offerto loro i suoi doni perché si trasformassero in benedizioni per il mondo. Aveva offerto loro opportunità e privilegi e chiedeva simpatia e collaborazione per la sua opera di redenzione. Desiderava che manifestassero abnegazione, compassione, zelo per il Signore e ardente desiderio di operare in vista della salvezza dei loro simili. Se avessero osservato la legge di Dio, avrebbero compiuto la stessa opera disinteressata di Gesù. Ma l’amore per il Signore e per gli uomini fu soffocato dall’orgoglio e dalla convinzione della loro superiorità. Rifiutando di mettersi al servizio degli altri, provocarono la loro rovina e negarono al mondo i tesori della verità affidati loro da Dio. Il fico seccato era il simbolo del loro peccato e del loro castigo. {GN 439.3}
Morto in seguito alla maledizione del Salvatore, appassito e seccato dalle radici fino all’ultima foglia, quel fico mostrava ciò che il popolo d’Israele sarebbe diventato senza la grazia divina. Rifiutandosi di trasmettere le sue benedizioni, non le avrebbero più ricevute. Il Signore dice: “È la tua perdizione, Israele, l’essere contro di me, contro il tuo aiuto”. Osea 13:9. {GN 440.1}
Questo avvertimento è valido in ogni tempo. La maledizione di Gesù contro il fico, che lui stesso aveva creato con la sua potenza, è un avvertimento per tutte le chiese e tutti i cristiani. Chi non vive per gli altri non può attuare la legge di Dio. Ma vi sono molti che non vivono una vita conforme a quella misericordiosa e disinteressata di Gesù. Molti, che si reputano ottimi cristiani ma che non hanno ancora compreso che cosa significhi servire Dio, hanno come unico obiettivo soddisfare se stessi. Per loro, il tempo ha valore soltanto nella misura in cui possono trarne un profitto personale, e ciò costituisce la loro costante preoccupazione. Operano non in favore del prossimo ma di se stessi. Dio li ha creati per svolgere nel mondo un servizio disinteressato: egli vuole che aiutino il prossimo in tutti i modi possibili. Ma il loro egoismo è senza limiti e li assorbe completamente, essi vivono divisi dall’umanità. Chiusi in se stessi, sono simili al fico che era bellissimo ma privo di frutti. Curano le forme esteriori della religiosità, ma senza manifestare pentimento e fede. Professano di rispettare la legge di Dio, ma non vi ubbidiscono. Dicono, ma non fanno. La condanna del fico dimostra quanto fossero vane le loro pretese e odiose agli occhi di Dio. Gesù dice che il peccatore dichiarato è meno colpevole di colui che professa di servire Dio senza portare nessun frutto alla sua gloria. {GN 440.2}
La parabola del fico sterile, pronunciata da Gesù prima di salire a Gerusalemme, è in relazione con la lezione del fico seccato. Il vignaiolo chiese che il fico sterilefosse lasciato ancora un anno, finché lo avesse scalzato e concimato. Quelle cure particolari gli avrebbero offerto tutte le possibilità di portare frutto. Ma se fosse rimasto sterile, non sarebbe stato possibile evitare di tagliarlo. In quella parabola non viene detto quali furono i risultati del lavoro del vignaiolo. Questo risultato dipendeva dal popolo a cui Gesù si era rivolto. Questo popolo era stato paragonato all’alberosterile e aveva il potere di decidere il proprio destino. Gli vennero offerti tutti i vantaggi che il cielo poteva concedergli, senza che però ne traesse alcun profitto. Ilrisultato si vide quando Gesù maledisse quel fico senza frutto. Gli israeliti avevano scelto la loro rovina. {GN 440.3}
Per più di mille anni la nazione israelita aveva abusato della mi sericordia del Signore e aveva disprezzato i suoi giudizi. Gli israeliti avevano respinto gli avvertimenti e avevano ucciso i profeti di Dio. I contemporanei di Gesù si resero responsabili della stessa colpa, agendo nella stessa maniera. Respingendo gli appelli della misericordia divina, essi rinsaldarono le catene che i loro antenati avevano forgiato. {GN 440.4}
In ogni tempo viene offerta agli uomini un’occasione favorevole per riconciliarsi con Dio. Ma la grazia ha un limite. La misericordia divina può rivolgere appelli per anni, ma se non vengono ascoltati, giunge il momento in cui essa non si manifesta più. Il cuore diventa insensibile e non risponde allo Spirito di Dio. Quella voce dolce e paziente non cessa di supplicare il peccatore, ma i rimproveri e gli avvertimenti non sono più uditi. {GN 441.1}
Quel giorno era giunto anche per Gerusalemme. Gesù pianse angosciato sulla città condannata, che non poteva più salvare. Gerusalemme aveva ormai esaurito tutte le sue possibilità. Respingendo gli appelli dello Spirito di Dio, Israele aveva respinto le uniche possibilità di ricevere aiuto. Non c’era più nessun’altra potenza per la quale potesse essere salvato. La nazione giudaica simboleggiava coloro che in tutte le epoche si erano beffati dell’amore infinito di Dio. Gesù piangeva su Gerusalemme pensando ai peccatori di tutti i tempi. Chi respinge i rimproveri e gli avvertimenti dello Spirito Santo, può leggere nel giudizio su Israele la propria condanna. {GN 441.2}
Oggi molti si comportano come quegli ebrei increduli. Hanno contemplato la manifestazione della potenza di Dio e hanno udito nei loro cuori la voce dello Spirito Santo, ma perseverano nella loro incredulità. Dio continua ad avvertirli e a rimproverarli, ma non vogliono confessare i loro errori e respingono gli avvertimenti dei suoi messaggeri. I mezzi di cui Dio si serve per la salvezza degli uomini diventano per loro una pietra d’inciampo. {GN 441.3}
Israele apostata odiava i profeti di Dio perché mettevano in luce i suoi peccati nascosti. Il re Achab considerò Elia un nemico perché aveva rimproverato apertamente i suoi peccati segreti. Anche oggi i discepoli di Gesù, quando rimproverano il peccato, suscitano beffe e derisione. La religione di Cristo, la verità biblica, deve sempre lottare contro una forte corrente di immoralità. I pregiudizi sono oggi più radicati che al tempo di Gesù. Il Maestro non aveva soddisfatto le aspettative degli uomini; la sua vita era stata un rimprovero costante per i loro peccati, ed essi lo rigettarono. Anche oggi la verità della Parola di Dio non si concilia con le abitudini degli uomini, con le loro inclinazioni naturali, e per questo motivo tanti ne rigettano i consigli. {GN 441.4}
Gli uomini, ispirati da Satana, manifestano dubbi sulla Parola di Dio e coltivano uno spirito individualistico. Preferiscono le tenebre alla luce, anche a rischio della loro anima. Coloro che volevano cavillare sulle parole di Gesù trovavano sempre nuovi motivi per farlo e così finirono per allontanarsi dalla verità e dalla vita eterna. Lo stesso accade oggi. Dio non vuole eliminare tutte le obiezioni nei confronti della verità che possono sorgere nel cuore. I misteri della Parola di Dio rimangono tali solo per coloro che respingono i preziosi raggi di luce che possono illuminare le tenebre. La luce è nascosta per loro; essi camminano nelle tenebre e non vedono la rovina che li sovrasta. {GN 442.1}
Cristo contemplò, dall’alto del monte degli Ulivi, tutte le epoche successive e le sue parole si riferiscono quindi a ogni uomo che respinge gli appelli della misericordia divina. Egli si rivolge a voi che disprezzate il suo amore, proprio a voi che dovreste conoscere le realtà che potrebbero assicurarvi la pace. Cristo sparge anche per voi lacrime amare, per voi che non volete piangere su voi stessi. Già si manifesta in voi quella fatale durezza di cuore che fu la rovina dei farisei. Ogni segno della grazia di Dio, ogni raggio della luce divina commuovono e avvincono l’animo, oppure lo induriscono nel suo definitivo rifiuto a pentirsi. {GN 442.2}
Gesù aveva previsto che Gerusalemme sarebbe rimasta ostinata e insensibile e avrebbe subìto tutte le conseguenze del rifiuto della misericordia divina. Lo stesso accadrà a ogni uomo che segue la stessa via. Il Signore dice: “È la tua perdizione, Israele, l’essere contro di me, contro il tuo aiuto”. Osea 13:9. “Ascolta, terra! Ecco, io faccio venire su questo popolo una calamità, frutto dei loro pensieri; perché non sono stati attenti alle mie parole; hanno rigettata la mia legge”. Geremia 6:19. {GN 442.3}
Francese
Chapitre 2 — Le peuple élu
Le peuple juif avait attendu la venue du Sauveur pendant plus de mille ans. Il avait fait reposer sur cet événement ses plus brillantes espérances. Le nom de ce Sauveur avait été enchâssé dans ses chants et ses prophéties, dans les rites du temple et dans les prières du foyer. Néanmoins, il ne le reconnut pas quand il se présenta à lui. Le Bien-aimé du ciel fut pour lui “comme un rejeton... qui sort d’une terre desséchée. Il n’avait ni beauté, ni éclat pour attirer” les regards. Il est venu chez les siens, et les siens ne l’ont pas reçu.1 {JC 18.1}
Pourtant Dieu avait choisi Israël. Il l’avait chargé de conserver parmi les hommes la connaissance de sa loi, ainsi que les symboles et les prophéties annonçant le Sauveur. Il voulait faire de lui une source de salut pour le monde. Ce qu’avait été Abraham dans le pays où il séjourna, ce que Joseph avait été en Egypte, et Daniel à la cour de Babylone, le peuple hébreu devait l’être au milieu des nations. Il lui incombait de faire connaître Dieu aux hommes. {JC 18.2}
Le Seigneur avait adressé un appel à Abraham en ces termes: “Je te bénirai, ... et tu seras une cause de bénédiction... et toutes les familles de la terre seront bénies en toi.”1 Le même enseignement fut renouvelé par les prophètes. Même après qu’Israël eut été dévasté par la guerre et la captivité, cette promesse lui était faite: “La partie survivante de Jacob sera, au milieu de nombreux peuples, comme une rosée qui vient de l’Eternel, comme les gouttes de pluie sur le gazon, lequel n’attend rien de l’homme et n’espère rien des enfants des hommes.”2 Le Seigneur déclarait par Esaïe, au sujet dutemple de Jérusalem: “Ma maison sera appelée la maison de prière de tous les peuples.”3 {JC 18.3}
Cependant les Israélites fixèrent leurs espoirs sur des grandeurs mondaines. Dès leur entrée au pays de Canaan ils abandonnèrent les commandements de Dieu pour suivre les voies des païens. Dieu leur envoya des avertissements par ses prophètes: en pure perte. Les souffrances que leur infligèrent les païens qui les opprimaient furent vaines. Chaque tentative de réforme était bientôt suivie d’une apostasie plus complète. {JC 19.1}
Si Israël avait été fidèle à son Dieu, il eût pu accomplir le dessein divin dans l’honneur et la gloire. S’il avait marché dans la voie de l’obéissance, Dieu lui eût donné “la prééminence en gloire, en renom et en splendeur”, “sur toutes les nations qu’il a créées”. Moïse avait prédit: “Tous les peuples de la terre verront que le nom de l’Eternel est invoqué sur toi et ils te craindront.” Les peuples qui entendraient parler de toutes ses lois diraient: “Cette grande nation est le seul peuple sage et intelligent.”4 Leurs infidélités firent que le dessein de Dieu ne put se réaliser qu’à travers des adversités et des humiliations continuelles. {JC 19.2}
Ils furent assujettis à Babylone et dispersés à travers les pays païens. L’affliction en amena quelques-uns à renouveler leur alliance avec Dieu. Alors que, leurs harpes suspendues aux saules, ils pleuraient sur les ruines du saint temple, la lumière de la vérité brillait grâce à eux et la connaissance du vrai Dieu se répandait parmi les nations. Les rituels des sacrifices païens étaient une perversion de celui que Dieu avait établi; nombre d’observateurs sincères des rites païens apprirent des Hébreux la signification du service divin et saisirent par la foi la promesse du Rédempteur. {JC 19.3}
Beaucoup d’exilés subirent la persécution. Un assez grand nombre perdit la vie pour avoir refusé de transgresser le sabbat et de célébrer les fêtes païennes. Tandis que des idolâtres tentaient d’écraser la vérité, le Seigneur plaçait ses serviteurs en présence de rois et de gouverneurs, leur offrant la possibilité de recevoir, avec leur peuple, la lumière. A plusieurs reprises les plus grands monarques durent proclamer la suprématie du Dieu servi par leurs captifs hébreux. {JC 19.4}
La captivité babylonienne eut pour effet de guérir complètement les Israélites du culte des images. Au cours des siècles suivants ils furent opprimés par des ennemis païens, si bien que la conviction s’établit en eux que leur prospérité dépendait de l’obéissance à la loi de Dieu. Chez un trop grand nombre, toutefois, l’obéissance n’avait pas l’amour pour mobile. Leur motif était égoïste. Ils rendaient à Dieu un service extérieur en vue d’obtenir la grandeur nationale. Au lieu d’être la lumière du monde, ils s’excluaient du monde pour échapper à la tentation de l’idolâtrie. Moïse avait donné des instructions par lesquelles Dieu limitait leurs rapports avec les idolâtres; mais cet enseignement donna lieu à de fausses interprétations. Le but était de les empêcher de se conformer aux usages des païens. Mais on s’en servit pour dresser un mur de séparation entre Israël et les autres nations. Les Juifs considéraient Jérusalem comme leur paradis et ils veillaient jalousement à priver les Gentils des grâces du Seigneur. {JC 20.1}
De retour de Babylone, on voua une grande attention à l’instruction religieuse. Des synagogues furent construites dans toutes les parties de la contrée; la loi y était exposée par des prêtres et des scribes. Des écoles furent établies; outre les arts et les sciences on y enseignait les principes de la justice. Mais ces institutions se corrompirent. Pendant la captivité, bien des personnes avaient subi l’influence des idées et des coutumes païennes, et cela fut introduit dans le service religieux. On se conforma à bien des égards aux usages des idolâtres. {JC 20.2}
En s’éloignant de Dieu les Juifs perdirent presque complètement de vue l’enseignement que recélait le service rituel, service que le Christ lui-même avait institué. Dans toutes ses parties ce service était un symbole se rapportant au Christ; à l’origine, il était plein de vitalité et de beauté spirituelle. Mais les Juifs perdirent la vie spirituelle, tout en retenant leurs cérémonies comme des choses mortes. Ils plaçaient leur confiance dans les sacrifices et les ordonnances plutôt que de s’appuyer sur celui que ces choses annonçaient. Pour suppléer à ce qu’ils avaient perdu, les prêtres et les rabbins multiplièrent leurs propres exigences; plus ils devenaient rigides, moins ils faisaient place à l’amour de Dieu. Ils mesuraient le degré de leur sainteté par la multitude de leurs cérémonies alors que leurs cœurs étaient remplis d’orgueil et d’hypocrisie. {JC 20.3}
Avec leurs prescriptions détaillées et accablantes, l’observation de la loi devenait impossible. Ceux qui désiraient servir Dieu et qui s’efforçaient en même temps d’observer les préceptes rabbiniques peinaient sous un lourd fardeau. Leur conscience troublée ne leur laissait aucun repos. Par ce moyen Satan s’efforçait de décourager le peuple, de donner une fausse conception du caractère de Dieu et de jeter le mépris sur la foi d’Israël. Il espérait fournir la preuve de ce qu’il avait prétendu quand il s’était révolté dans le ciel: que les exigences divines sont injustes et inacceptables. Il affirmait qu’Israël lui-même n’observait pas la loi. {JC 21.1}
Les Juifs désiraient la venue du Messie, mais n’avaient pas une juste conception de sa mission. Ils cherchaient à être délivrés du joug des Romains plutôt que d’être délivrés de leurs péchés. Ils attendaient un Messie conquérant, qui briserait le pouvoir de l’oppresseur et conférerait à Israël une domination universelle. Ils étaient ainsi tout prêts à rejeter le Sauveur. {JC 21.2}
Au moment de la naissance du Christ, la nation piaffait d’impatience sous l’autorité de ses maîtres étrangers; elle était travaillée par des luttes intérieures. On avait permis aux Juifs de maintenir une certaine autonomie, mais rien ne leur faisait oublier qu’ils étaient soumis au joug romain, et il leur était difficile d’accepter les limitations apportées à leur puissance. Les Romains s’attribuaient le droit de désigner et de déposer leur souverain sacrificateur, et souvent cet office s’obtenait par la fraude, la corruption, voire par le meurtre. Le sacerdoce devenait de plus en plus corrompu. Néanmoins les prêtres conservaient un pouvoir étendu et s’en servaient pour des fins égoïstes et mercenaires. Le peuple était pressuré impitoyablement par eux et soumis à de lourdes taxes par les Romains. D’où un mécontentement général. Il se produisait de fréquentes émeutes. L’avidité et la violence, la méfiance et l’apathie spirituelle s’attaquaient au cœur même de la nation. {JC 21.3}
Par haine des Romains, par orgueil national et spirituel, les Juifs s’attachèrent fermement à leurs formes de culte. Les prêtres essayaient de s’assurer une réputation de sainteté en donnant une attention scrupuleuse aux cérémonies religieuses. Le peuple, maintenu dans l’ignorance et l’oppression, et ses chefs avides de pouvoir soupiraient après la venue de celui qui devait vaincre leurs ennemis et restaurer le royaume d’Israël. Ils avaient étudié les prophéties sans en discerner le sens spirituel. Ils négligèrent par conséquent les passages de l’Ecriture décrivant l’humiliation du Christ à sa première venue et appliquèrent mal à propos ceux qui se rapportaient à la gloire de sa seconde venue. Leur vue fut obscurcie par l’orgueil. Les prophéties furent interprétées en accord avec leurs désirs égoïstes. {JC 22.1}
Tedesco
Kapitel 2: Das auserwählte Volk
Über tausend Jahre lang hatten die Juden auf die Ankunft des Heilandes gewartet. Auf dies Ereignis gründeten sich ihre lebhaftesten Hoffnungen. Im Lied, in der Weissagung, im Tempeldienst und im täglichen Gebet war sein Name enthalten. Doch als er unter ihnen erschien, erkannten sie ihn nicht. Der Geliebte des Himmels war für sie nur “eine Wurzel aus dürrem Erdreich. Er hatte keine Gestalt und Hoheit”, und sie erblickten keine Schönheit an ihm, die ihn für sie begehrenswert gemacht hätte.Jesaja 53,2. “Er kam in sein Eigentum; und die Seinen nahmen ihn nicht auf.” Johannes 1,11. LJ 18.1
Dennoch hatte Gott die Israeliten erwählt; er hatte sie dazu berufen, die Kenntnis seines Gesetzes, der Sinnbilder und Weissagungen, die auf den Heiland hinwiesen, unter den Menschen zu bewahren. Seinem Wunsche entsprechend sollten sie Heilsbrunnen für die Welt sein. Was Abraham in seiner Umgebung, Joseph in Ägypten und Daniel am Hofe zu Babel war, das sollte das Volk der Hebräer unter den heidnischen Völkern sein. Es sollte den Menschen Gott offenbaren. LJ 18.2
Als der Herr Abraham berief, sagte er: “Ich ... will dich segnen ... und du sollst ein Segen sein ... und in dir sollen gesegnet werden alle Geschlechter auf Erden.” 1.Mose 12,2.3. Das wurde auch von den Propheten wiederholt. Sogar als Israel durch Krieg und Gefangenschaft verheert worden war, galt ihm die Verheißung: “Es werden die Übriggebliebenen aus Jakob unter vielen Völkern sein wie Tau vom Herrn, wie Regen aufs Gras, der auf niemand harrt noch auf Menschen wartet.” Micha 5,6. Über den Tempel zu Jerusalem kündigte der Herr durch Jesaja an: “Mein Haus wird ein Bethaus heißen für alle Völker.” Jesaja 56,7. LJ 18.3
Doch die Israeliten richteten ihre Hoffnungen auf weltliche Größe. Seitdem sie das Land Kanaan betreten hatten, wichen sie von den Geboten Gottes ab und folgten heidnischen Bräuchen. Vergeblich warnte Gott sie durch seine Propheten. Vergeblich wurden sie auch dadurch bestraft, daß heidnische Völker sie unterdrückten. Jeder Sinnesänderung folgte ein um so tieferer Abfall. LJ 18.4
Wären die Kinder Israel Gott treu geblieben, hätte er sein Ziel erreichen und sie ehren und erhöhen können. Wären sie gehorsam geblieben, so hätte er sie “zum höchsten über alle Völker” gemacht, “die er geschaffen hat”, und sie wären “gerühmt, gepriesen und geehrt” worden. 5.Mose 26,19. Mose sagt: “Alle Völker auf Erden werden sehen, daß über dir der Name des Herrn genannt ist, und werden sich vor dir fürchten.” 5.Mose 28,10. Wenn alle Völker “diese Gebote hören”, müßten sie sagen: “Ei, was für weise und verständige Leute sind das, ein herrliches Volk!” 5.Mose 4,6. Weil sie aber treulos waren, konnte Gottes Ziel nur durch ständige Trübsal und Demütigung erreicht werden. LJ 19.1
Sie wurden von Babylon unterjocht und unter die Heiden zerstreut. Im Elend erneuerten viele ihren Glauben an den Bund mit Gott. Als sie ihre Harfen an die Weiden zu Babel hingen und um den heiligen Tempel, der verwüstet lag, Leid trugen (Psalm 137,1-3), da ging von ihnen das Licht der Wahrheit aus, und sie verbreiteten die Erkenntnis Gottes unter den Heiden. Die heidnischen Opferbräuche waren ein Zerrbild des von Gott festgelegten Opferdienstes. Viele, die es mit den heidnischen Bräuchen ernst nahmen, erfuhren durch die Juden, was es mit dem von Gott vorgeschriebenen Opfer auf sich hatte, und nahmen im Glauben die Verheißung eines Erlösers an. LJ 19.2
Viele Verbannte erduldeten Verfolgung, nicht wenige büßten sogar ihr Leben ein, weil sie sich weigerten, den Sabbat zu mißachten und an den heidnischen Festen teilzunehmen. Als die Götzendiener angestachelt wurden, die Wahrheit auszulöschen, stellte der Herr seine Diener vor Herrscher und Könige, damit diese und deren Untertanen erleuchtet würden. Von Zeit zu Zeit wurden die gewaltigsten Monarchen dazu gebracht, die Überlegenheit des Gottes zu verkünden, den ihre hebräischen Gefangenen anbeteten. LJ 19.3
Durch die Babylonische Gefangenschaft wurden die Kinder Israel wirksam von der Anbetung der Götzenbilder geheilt. In den folgenden Jahrhunderten erduldeten sie die Unterdrückung durch heidnische Feinde, bis sie zu der festen Überzeugung gelangten, daß ihre Wohlfahrt vom Gehorsam gegenüber dem Gesetz Gottes abhinge. Bei allzu vielen Juden beruhte dieser Gehorsam jedoch nicht auf Liebe. Sie handelten aus selbstsüchtigen Beweggründen und dienten Gott nur äußerlich, um dadurch zu nationaler Größe zu gelangen. Daher wurden sie nicht zu einem Licht der Welt, sondern sie sonderten sich von der Welt ab, um so der Versuchung zum Götzendienst zu entgehen. In den Unterweisungen, die Gott ihnen durch Mose erteilt hatte, war der Umgang Israels mit Götzenanbetern eingeschränkt worden. Diese Belehrungen wurden nun falsch ausgelegt. Israel sollte zwar durch sie daran gehindert werden, sich nach heidnischen Bräuchen zu richten; doch jetzt dienten sie dazu, zwischen sich und den Heiden einen Wall aufzubauen. Jerusalem war in den Augen der Juden der Himmel, und Eifersucht erfüllte sie bei dem Gedanken, Gott könnte den Heiden Gnade erweisen. LJ 19.4
Nach ihrer Rückkehr aus Babylon widmeten die Juden der religiösen Unterweisung große Aufmerksamkeit. Überall im Lande errichteten sie Synagogen, in denen Priester und Schriftgelehrte das Gesetz auslegten. Sie gründeten auch Schulen, auf denen neben den Künsten und Wissenschaften angeblich auch die Grundsätze wahrer Frömmigkeit gelehrt wurden. Diese Institutionen gerieten jedoch in Verfall; denn während der Gefangenschaft hatten viele Israeliten heidnische Vorstellungen und Bräuche übernommen, die sie nun in den Gottesdienst einschleusten. In vielen Dingen paßten sie sich den Gewohnheiten der Götzendiener an. LJ 20.1
Als sich die Juden von Gott abwandten, verloren sie weitgehend das Verständnis für die Bedeutung des Opferdienstes, der von Christus selbst eingeführt worden war. In allen seinen Teilen war dieser Dienst ein Sinnbild auf Jesus hin und von Kraft und geistlicher Schönheit erfüllt. Den Juden kam nun die geistliche Sinngebung ihrer Zeremonien abhanden, und so klammerten sie sich an tote Formen. Sie setzten ihr Vertrauen auf die bloßen Opfer und Bräuche statt auf den, auf den diese hinwiesen. Um diesen Verlust zu ersetzen, vervielfältigten die Priester und Rabbiner die eigenen Anforderungen, und je strenger diese wurden, desto weniger fand sich die Liebe Gottes in ihnen. Gradmesser ihrer Frömmigkeit war die Anzahl ihrer kultischen Handlungen, ihre Herzen aber waren voller Stolz und Heuchelei. LJ 20.2
Bei all diesen peinlich genauen und lästigen Vorschriften war es unmöglich, das Gesetz wirklich zu halten. Wer Gott dienen und dabei den Regeln der Rabbiner gehorchen wollte, plagte sich unter einer schweren Last ab. Er konnte vor den Anklagen seines geängsteten Gewissens nicht zur Ruhe kommen. Auf diese Weise versuchte Satan, das Volk mutlos zu machen, die Vorstellung vom Wesen Gottes zu verfälschen und den Glauben Israels in Verruf zu bringen. Er hoffte, beweisen zu können, was er bei seinem Aufruhr im Himmel behauptet hatte, nämlich daß Gottes Forderungen ungerecht seien und man ihnen nicht gehorchen könne. Selbst die Kinder Israel, so versicherte er, hielten das Gesetz nicht. LJ 21.1
Die Juden sehnten zwar die Ankunft des Messias herbei, aber sie hatten dennoch keine richtige Vorstellung von seiner Aufgabe. Sie wollten nicht von ihrer Sündenschuld erlöst, sondern vom Römerjoch befreit werden und hielten nach einem Messias Ausschau, der als Eroberer kommen, die Macht ihrer Unterdrücker zerbrechen und Israel zur Weltherrschaft verhelfen sollte. So wurde der Weg für sie bereitet, den Heiland zu verwerfen. LJ 21.2
Zur Zeit der Geburt Christi härmte sich das Volk unter der Fremdherrschaft ab, außerdem war es von innerem Hader zerrissen. Obwohl den Juden erlaubt worden war, eine eigene Regierung zu behalten, konnte nichts die Tatsache verbergen, daß sie von den Römern unterjocht wurden und daß sie sich mit der Beschneidung der eigenen Macht nicht abfinden konnten. Die Römer behielten sich das Recht vor, den Hohenpriester zu ernennen und abzusetzen. Oftmals erhielt man dieses Amt nur durch List, Bestechung, ja sogar durch Mord. Dadurch griff die Korruption unter den Priestern immer stärker um sich. Doch noch übten sie eine große Macht aus, die sie für selbstsüchtige und gewinnträchtige Ziele einsetzten. Das Volk war ihren hartherzigen Forderungen ausgeliefert und mußte außerdem noch hohe Steuern an die Römer zahlen. Deshalb herrschte überall Unzufriedenheit. Häufig kam es zu Volksaufständen. Geldgier und Gewalttat, Mißtrauen und Gleichgültigkeit im religiösen Leben zehrten am Mark des Volkes. LJ 21.3
Haß auf die Römer, nationaler Stolz und geistlicher Hochmut ließen die Juden noch immer streng den religiösen Formen anhangen. Die Priester versuchten, den Schein der Heiligkeit aufrechtzuerhalten, indem sie peinlich genau die kultischen Vorschriften beachteten. Das bedrängte und in geistlicher Finsternis lebende Volk wie auch seine machthungrigen Beherrscher ersehnten den Einen, der die Feinde besiegen und das Königreich Israel wiederherstellen würde. Die Weissagungen hatten sie erforscht, doch ohne geistliche Erleuchtung. Sie übersahen dahe
Spagnolo
Capítulo 2—El pueblo elegido
Durante más de mil años, los judíos habían esperado la venida del Salvador. En este acontecimiento habían cifrado sus más gloriosas esperanzas. En cantos y profecías, en los ritos del templo y en las oraciones familiares, habían engastado su nombre. Y sin embargo, cuando vino, no le conocieron. El Amado del cielo fué para ellos como “raíz de tierra seca,” sin “parecer en él ni hermosura;” y no vieron en él belleza que lo hiciera deseable a sus ojos. “A lo suyo vino, y los suyos no le recibieron.”1 {DTG 19.1}
Sin embargo, Dios había elegido a Israel. Lo había llamado para conservar entre los hombres el conocimiento de su ley, así como los símbolos y las profecías que señalaban al Salvador. Deseaba que fuese como fuente de salvación para el mundo. Como Abrahán en la tierra donde peregrinó, José en Egipto y Daniel en la corte de Babilonia, había de ser el pueblo hebreo entre las naciones. Debía revelar a Dios ante los hombres. {DTG 19.2}
En el llamamiento dirigido a Abrahán, el Señor había dicho: “Bendecirte he, ... y serás bendición, ... y serán benditas en ti todas las familias de la tierra.”2 La misma enseñanza fué repetida por los profetas. Aun después que Israel había sido asolado por la guerra y el cautiverio, recibió esta promesa: “Y será el residuo de Jacob en medio de muchos pueblos, como el rocío de Jehová, como las lluvias sobre la hierba, las cuales no esperan varón, ni aguardan a hijos de hombres.”3 Acerca del templo de Jerusalén, el Señor declaró por medio de Isaías: “Mi casa, casa de oración será llamada de todos los pueblos.”4 {DTG 19.3}
Pero los israelitas cifraron sus esperanzas en la grandeza mundanal. Desde el tiempo en que entraron en la tierra de Canaán, se apartaron de los mandamientos de Dios y siguieron los caminos de los paganos. En vano Dios les mandaba advertencias por sus profetas. En vano sufrieron el castigo de la opresión pagana. A cada reforma seguía una apostasía mayor. {DTG 19.4}
Si los hijos de Israel hubieran sido fieles a Dios, él podría haber logrado su propósito honrándolos y exaltándolos. Si hubiesen andado en los caminos de la obediencia, él los habría ensalzado “sobre todas las naciones que ha hecho, para alabanza y para renombre y para gloria.” “Verán todos los pueblos de la tierra—dijo Moisés—que tú eres llamado del nombre de Jehová, y te temerán.” Las gentes “oirán hablar de todos estos estatutos, y dirán: Ciertamente pueblo sabio y entendido es esta gran nación.”5 Pero a causa de su infidelidad, el propósito de Dios no pudo realizarse sino por medio de continua adversidad y humillación. {DTG 20.1}
Fueron llevados en cautiverio a Babilonia y dispersados por tierras de paganos. En la aflicción, muchos renovaron su fidelidad al pacto con Dios. Mientras colgaban sus arpas de los sauces y lloraban por el santo templo desolado, la luz de la verdad resplandeció por su medio, y el conocimiento de Dios se difundió entre las naciones. Los sistemas paganos de sacrificio eran una perversión del sistema que Dios había ordenado; y más de un sincero observador de los ritos paganos aprendió de los hebreos el significado del ceremonial divinamente ordenado, y con fe aceptó la promesa de un Redentor. {DTG 20.2}
Muchos de los sacerdotes sufrieron persecución. No pocos perdieron la vida por negarse a violar el sábado y a observar las fiestas paganas. Al levantarse los idólatras para aplastar la verdad, el Señor puso a sus siervos frente a frente con reyes y gobernantes, a fin de que éstos y sus pueblos pudiesen recibir la luz. Vez tras vez, los mayores monarcas debieron proclamar la supremacía del Dios a quien adoraban los cautivos hebreos. {DTG 20.3}
Por el cautiverio babilónico, los israelitas fueron curados eficazmente de la adoración de las imágenes esculpidas. Durante los siglos que siguieron, sufrieron por la opresión de enemigos paganos, hasta que se arraigó en ellos la convicción de que su prosperidad dependía de su obediencia a la ley de Dios. Pero en el caso de muchos del pueblo la obediencia no era impulsada por el amor. El motivo era egoísta. Rendían un servicio externo a Dios como medio de alcanzar la grandeza nacional. No llegaron a ser la luz del mundo, sino que se aislaron del mundo a fin de rehuir la tentación de la idolatría. En las instrucciones dadas por medio de Moisés, Dios había impuesto restricciones a su asociación con los idólatras; pero esta enseñanza había sido falsamente interpretada. Estaba destinada a impedir que ellos se conformasen a las prácticas de los paganos. Pero la usaron para edificar un muro de separación entre Israel y todas las demás naciones. Los judíos consideraban a Jerusalén como su cielo, y sentían verdaderamente celos de que el Señor manifestase misericordia a los gentiles. {DTG 20.4}
Después de regresar de Babilonia, dedicaron mucha atención a la instrucción religiosa. Por todo el país, se erigieron sinagogas, en las cuales los sacerdotes y escribas explicaban la ley. Y se establecieron escuelas donde se profesaba enseñar los principios de la justicia, juntamente con las artes y las ciencias. Pero estos medios se corrompieron. Durante el cautiverio, muchos del pueblo habían recibido ideas y costumbres paganas, y éstas penetraron en su ceremonial religioso. En muchas cosas, se conformaban a las prácticas de los idólatras. {DTG 21.1}
Al apartarse de Dios, los judíos perdieron de vista mucho de lo que enseñaba el ritual. Este ritual había sido instituído por Cristo mismo. En todas sus partes, era un símbolo de él; y había estado lleno de vitalidad y hermosura espiritual. Pero los judíos perdieron la vida espiritual de sus ceremonias, y se aferraron a las formas muertas. Confiaban en los sacrificios y los ritos mismos, en vez de confiar en Aquel a quien éstos señalaban. A fin de reemplazar lo que habían perdido, los sacerdotes y rabinos multiplicaron los requerimientos de su invención; y cuanto más rígidos se volvían, tanto menos del amor de Dios manifestaban. Medían su santidad por la multitud de sus ceremonias, mientras que su corazón estaba lleno de orgullo e hipocresía. {DTG 21.2}
Con todas sus minuciosas y gravosas órdenes, era imposible guardar la ley. Los que deseaban servir a Dios, y trataban de observar los preceptos rabínicos, luchaban bajo una pesada carga. No podían hallar descanso de las acusaciones de una conciencia perturbada. Así Satanás obraba para desalentar al pueblo, para rebajar su concepto del carácter de Dios y para hacer despreciar la fe de Israel. Esperaba demostrar lo que había sostenido cuando se rebeló en el cielo, a saber, que los requerimientos de Dios eran injustos, y no podían ser obedecidos. Aun Israel, declaraba, no guardaba la ley. {DTG 21.3}
Aunque los judíos deseaban el advenimiento del Mesías, no tenían un verdadero concepto de su misión. No buscaban la redención del pecado, sino la liberación de los romanos. Esperaban que el Mesías vendría como conquistador, para quebrantar el poder del opresor, y exaltar a Israel al dominio universal. Así se iban preparando para rechazar al Salvador. {DTG 22.1}
En el tiempo del nacimiento de Cristo, la nación estaba tascando el freno bajo sus amos extranjeros, y la atormentaba la disensión interna. Se les había permitido a los judíos conservar la forma de un gobierno separado; pero nada podía disfrazar el hecho de que estaban bajo el yugo romano, ni avenirlos a la restricción de su poder. Los romanos reclamaban el derecho de nombrar o remover al sumo sacerdote, y este cargo se conseguía con frecuencia por el fraude, el cohecho y aun el homicidio. Así el sacerdocio se volvía cada vez más corrompido. Sin embargo, los sacerdotes poseían aún gran poder y lo empleaban con fines egoístas y mercenarios. El pueblo estaba sujeto a sus exigencias despiadadas, y también a los gravosos impuestos de los romanos. Este estado de cosas ocasionaba extenso descontento. Los estallidos populares eran frecuentes. La codicia y la violencia, la desconfianza y la apatía espiritual, estaban royendo el corazón mismo de la nación. {DTG 22.2}
El odio a los romanos y el orgullo nacional y espiritual inducían a los judíos a seguir adhiriéndose rigurosamente a sus formas de culto. Los sacerdotes trataban de mantener una reputación de santidad atendiendo escrupulosamente a las ceremonias religiosas. El pueblo, en sus tinieblas y opresión, y los gobernantes sedientos de poder anhelaban la venida de Aquel que vencería a sus enemigos y devolvería el reino a Israel. Habían estudiado las profecías, pero sin percepción espiritual. Así habían pasado por alto aquellos pasajes que señalaban la humillación de Cristo en su primer advenimiento y aplicaban mal los que hablaban de la gloria de su segunda venida. El orgullo obscurecía su visión. Interpretaban las profecías de acuerdo con sus deseos egoístas. {DTG 22.3}
Inglese
Chapter 2—The Chosen People
For more than a thousand years the Jewish people had awaited the Saviour’s coming. Upon this event they had rested their brightest hopes. In song and prophecy, in temple rite and household prayer, they had enshrined His name. And yet at His coming they knew Him not. The Beloved of heaven was to them “as a root out of a dry ground;” He had “no form nor comeliness;” and they saw in Him no beauty that they should desire Him. “He came unto His own, and His own received Him not.” Isaiah 53:2 ; John 1:11 . {DA 27.1}
Yet God had chosen Israel. He had called them to preserve among men the knowledge of His law, and of the symbols and prophecies that pointed to the Saviour. He desired them to be as wells of salvation to the world. What Abraham was in the land of his sojourn, what Joseph was in Egypt, and Daniel in the courts of Babylon, the Hebrew people were to be among the nations. They were to reveal God to men. {DA 27.2}
In the call of Abraham the Lord had said, “I will bless thee; ... and thou shalt be a blessing: ... and in thee shall all families of the earth be blessed.” Genesis 12:2, 3 . The same teaching was repeated through the prophets. Even after Israel had been wasted by war and captivity, the promise was theirs, “The remnant of Jacob shall be in the midst of many people as a dew from the Lord, as the showers upon the grass, that tarrieth not for man, nor waiteth for the sons of men.” Micah 5:7 . Concerning the temple at Jerusalem, the Lord declared through Isaiah, “Mine house shall be called an house of prayer for all peoples.” Isaiah 56:7 , R. V. {DA 27.3}
But the Israelites fixed their hopes upon worldly greatness. From the time of their entrance to the land of Canaan, they departed from the commandments of God, and followed the ways of the heathen. It was in vain that God sent them warning by His prophets. In vain they suffered the chastisement of heathen oppression. Every reformation was followed by deeper apostasy. {DA 28.1}
Had Israel been true to God, He could have accomplished His purpose through their honor and exaltation. If they had walked in the ways of obedience, He would have made them “high above all nations which He hath made, in praise, and in name, and in honor.” “All people of the earth,” said Moses, “shall see that thou art called by the name of the Lord; and they shall be afraid of thee.” “The nations which shall hear all these statutes” shall say, “Surely this great nation is a wise and understanding people.” Deuteronomy 26:19 ; 28:10 ; Deuteronomy 4:6 . But because of their unfaithfulness, God’s purpose could be wrought out only through continued adversity and humiliation. {DA 28.2}
They were brought into subjection to Babylon, and scattered through the lands of the heathen. In affliction many renewed their faithfulness to His covenant. While they hung their harps upon the willows, and mourned for the holy temple that was laid waste, the light of truth shone out through them, and a knowledge of God was spread among the nations. The heathen systems of sacrifice were a perversion of the system that God had appointed; and many a sincere observer of heathen rites learned from the Hebrews the meaning of the service divinely ordained, and in faith grasped the promise of a Redeemer. {DA 28.3}
Many of the exiles suffered persecution. Not a few lost their lives because of their refusal to disregard the Sabbath and to observe the heathen festivals. As idolaters were roused to crush out the truth, the Lord brought His servants face to face with kings and rulers, that they and their people might receive the light. Time after time the greatest monarchs were led to proclaim the supremacy of the God whom their Hebrew captives worshiped. {DA 28.4}
By the Babylonish captivity the Israelites were effectually cured of the worship of graven images. During the centuries that followed, they suffered from the oppression of heathen foes, until the conviction became fixed that their prosperity depended upon their obedience to the law of God. But with too many of the people obedience was not prompted by love. The motive was selfish. They rendered outward service to God as the means of attaining to national greatness. They did not become the light of the world, but shut themselves away from the world in order to escape temptation to idolatry. In the instruction given through Moses, God had placed restrictions upon their association with idolaters; but this teaching had been misinterpreted. It was intended to prevent them from conforming to the practices of the heathen. But it was used to build up a wall of separation between Israel and all other nations. The Jews looked upon Jerusalem as their heaven, and they were actually jealous lest the Lord should show mercy to the Gentiles. {DA 28.5}
After the return from Babylon, much attention was given to religious instruction. All over the country, synagogues were erected, where the law was expounded by the priests and scribes. And schools were established, which, together with the arts and sciences, professed to teach the principles of righteousness. But these agencies became corrupted. During the captivity, many of the people had received heathen ideas and customs, and these were brought into their religious service. In many things they conformed to the practices of idolaters. {DA 29.1}
As they departed from God, the Jews in a great degree lost sight of the teaching of the ritual service. That service had been instituted by Christ Himself. In every part it was a symbol of Him; and it had been full of vitality and spiritual beauty. But the Jews lost the spiritual life from their ceremonies, and clung to the dead forms. They trusted to the sacrifices and ordinances themselves, instead of resting upon Him to whom they pointed. In order to supply the place of that which they had lost, the priests and rabbis multiplied requirements of their own; and the more rigid they grew, the less of the love of God was manifested. They measured their holiness by the multitude of their ceremonies, while their hearts were filled with pride and hypocrisy. {DA 29.2}
With all their minute and burdensome injunctions, it was an impossibility to keep the law. Those who desired to serve God, and who tried to observe the rabbinical precepts, toiled under a heavy burden. They could find no rest from the accusings of a troubled conscience. Thus Satan worked to discourage the people, to lower their conception of the character of God, and to bring the faith of Israel into contempt. He hoped to establish the claim put forth when he rebelled in heaven,—that the requirements of God were unjust, and could not be obeyed. Even Israel, he declared, did not keep the law. {DA 29.3}
While the Jews desired the advent of the Messiah, they had no true conception of His mission. They did not seek redemption from sin, but deliverance from the Romans. They looked for the Messiah to come as a conqueror, to break the oppressor’s power, and exalt Israel to universal dominion. Thus the way was prepared for them to reject the Saviour. {DA 29.4}
At the time of the birth of Christ the nation was chafing under the rule of her foreign masters, and racked with internal strife. The Jews had been permitted to maintain the form of a separate government; but nothing could disguise the fact that they were under the Roman yoke, or reconcile them to the restriction of their power. The Romans claimed the right of appointing and removing the high priest, and the office was often secured by fraud, bribery, and even murder. Thus the priesthood became more and more corrupt. Yet the priests still possessed great power, and they employed it for selfish and mercenary ends. The people were subjected to their merciless demands, and were also heavily taxed by the Romans. This state of affairs caused widespread discontent. Popular outbreaks were frequent. Greed and violence, distrust and spiritual apathy, were eating out the very heart of the nation. {DA 30.1}
Hatred of the Romans, and national and spiritual pride, led the Jews still to adhere rigorously to their forms of worship. The priests tried to maintain a reputation for sanctity by scrupulous attention to the ceremonies of religion. The people, in their darkness and oppression, and the rulers, thirsting for power, longed for the coming of One who would vanquish their enemies and restore the kingdom to Israel. They had studied the prophecies, but without spiritual insight. Thus they overlooked those scriptures that point to the humiliation of Christ’s first advent, and misapplied those that speak of the glory of His second coming. Pride obscured their vision. They interpreted prophecy in accordance with their selfish desires. {DA 30.2}
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*ADORAZIONE*
SALA DI CULTO
MANNHEIM (GERMANIA)
ANDIAMO ALLA CASA DEL SIGNORE!
ADORIAMO, LODIAMO, RINGRAZIAMO! CREDIAMO, UBBIDIAMO LA PAROLA DEL SIGNORE!
Evangelista:
Timpanaro Salvatore
COLPORTAGE / EVANGELIZZAZIONE
ATTRAVERSO LA STAMPA:
GESU' TI SALVA!
Lo SPIRITO SANTO Ti guida a LUI, attraverso la SACRA BIBBIA.
Credi-ubbidisci!
Ti battezzi e vieni salvato/a.
Vivi conforme il Teovangelo.
Sei un/a cristiano/a praticante.
Vieni purificato/a, giustificato/a.
La vita di perfezione cristiana è
una comunione giornaliera con GESU' CRISTO.
Vivere in santità!
OPERA MISSIONARIA CRISTIANA -PAVIA
QUESTO E' IL MIO SITO A PAVIA
VIA CIVIDALE, 15
BENVENUTI NELLA CITTA' DI PAVIA.
CON I PANNI DI PECCATORE NON SI ACCEDE A PAVITA.
NUOVA GERUSALEMME!
SCUOLA MISSIONARIA INTERNAZIONALE
SCUOLA MISSIONARIA INTERNAZIONALE
<1967-1969>
EVANGELIZZAZIONE A
WORMS
MONUMENTO "RIFORMATORI"/ LUTHERPLATZ (1970)
ESCURSIONE SCOLASTICA
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