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GERUSALEMME STORICA
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spaventevoli e gran segni dal cielo". Intorno a questi
segni e fenomeni, Giuseppe Flavio Guer. Giud.6:5,3,
narra che una cometa rimase durante un anno nel cielo,
sopra la città; una luce sovrannaturale risplendette di
notte durante la Pasqua, intorno al tempio ed all'altare;
una porta del tempio si aprì spontaneamente; dei carri e
degli eserciti furono veduti nelle nuvole; una voce
potente come quella d'una gran moltitudine fu sentita nel
tempio, alla Pentecoste, ad essa diceva: "Andiamocene di
qui!". Finalmente un contadino, nominato Gesù, quattro
anni prima della guerra, quando il popolo viveva nella
pace e nell'abbondanza, incominciò a gridare: "Guai a
Gerusalemme!" e sebbene lo flagellassero come "pazzo",
egli continuò a gridare nella medesima maniera durante
sette anni e cinque mesi. Verso la fine dell'assedio egli fu
ucciso da una sassata, mentre gridava: "Guai anche a
me!". Tacito Storia, lib. V, anch'esso narra simili fatti.
A cagione della malvagità che prevarrà in quei tempi,
l'amore e la mutua fiducia fra i cristiani stessi si
raffredderanno. Amore, dovere, verità, sono talmente
congiunti, che la corruzione della verità conduce alla
trascuratezza del dovere, e questa al decadimento
dell'amore. L'epistola di Giacomo, che fu scritta circa il
tempo a cui Cristo allude in questo passo, ci somministra
varie illustrazioni degli effetti che la moltiplicazione
dell'iniquità produce, raffreddando la carità dei veri
cristiani.
Queste parole possono significare, in primo luogo, che
chiunque rimarrà fedele a Cristo sino alla distruzione di
Gerusalemme sarà preservato dai guai che piomberanno
sopra di essa. Infatti, non un sol cristiano, che si sappia, è
perito durante o dopo l'assedio Vedi Note Matteo 24:16.
Ma esse hanno un più alto significato. La
parola fine applicata alle persone, indica il giorno della
morte per alcuni di quelli di cui Gesù parla, il dì del
martirio; ed applicata alla Chiesa, significa la fine
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di tutte le cose Vedi Note Matteo 10:22. Il senso è, in
sostanza, il medesimo in Luca 21:19, benché le parole
sieno diverse: con la vostra costanza voi salverete l'
anime vostre. Questa perduranza è la via scelta da Dio
per condurci alla liberazione. Sia che questa
esportazione si riferisca alla distruzione di
Gerusalemme, sia che accenni alla seconda venuta del
Signore, essa ci avverte che una generale apostasia
precederà quell'avvenimento. Essa è confermata dalle
parole di Cristo in Luca 18:8: "Ma quando il Figliuol
dell'uomo verrà, troverà egli fede sulla terra?". La stessa
dottrina viene insegnata nelle parole: "Chi vince, ecc.",
che leggonsi in ciascuna delle epistole indirizzate alle
sette Chiese dell'Asia Apocalisse cap. 2 e 3,
specialmente alla Chiesa di Smirne: "Sii fedele fino alla
morte ed io ti darò la corona della vita" Apocalisse 2:10.
Iddio ci ha promesso d'impartirci la grazia di rimanere
fermi nella professione della nostra fede sino alla
fine.Vedi 1Corinzi 1:8-9; Filippesi 1:6.
Prima della distruzione di Gerusalemme, non solo il
Vangelo era stato predicato a tutto le genti comprese
nell'impero romano Vedi Colossesi 1:6,23; 2Timoteo
4:17, ma anche ad, altre. Nell'anno 59 Paolo scriveva da
Corinto che "da Gerusalemme e dai luoghi intorno fino
all'Illiria Dalmazia, egli aveva predicato dovunque
l'evangelo di Cristo" Romani 15:19. Le tradizioni più
antiche affermano che, in seguito, egli predicò il
Vangelo nella Spagna e altrove; e che, prima della
distruzione di Gerusalemme Tommaso lo predicò in
Persia e forse anche nell'India. Questi paesi eccettuato
l'ultimo erano tutti compresi nei limiti dell'impero
romano, al quale si dava a cagione della sua vastità,
l'orgoglioso titolo di orbisterrarum. Purtroppo, benché
la religione di Cristo sia predicata da quasi 19 secoli,
essa non è ancora stata annunziata a tutti gli abitanti del
mondo; ma, prima della seconda venuta di Cristo, alla
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quale molti riferiscono la profezia, tutti i popoli l'udranno
e la predizione del Salvatore sarà perfettamente
adempiuta.
Il Vangelo deve esser predicato ai Gentili:
1 come testimonianza della misericordia di Dio a loro
riguardo, poiché in loro favore si dovevano verificare le
parole 1Giovanni 2:8: "le tenebre passano, e già risplende
la vera luce";
2 come testimonianza che, se essi respingevano l'invito
del Vangelo, andavano incontro alla condanna. Ed anche
ai Giudei dispersi doveva essere annunziato.
Stier osserva che, così prima dalla distruzione di
Gerusalemme come prima della fine del mondo, non
viene predetto che tutte le nazioni saranno convertite, ma
che tutte avranno udito la "testimonianza della
predicazione evangelica Apocalisse 20:7-9.
Quando dunque avrete veduta l'abbominazione della
desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele,
I passi di Daniele 9:27; 11:31; 12:11 si riferiscono a
varie epoche ed a vari avvenimenti; ma le parole
"l'abbominazione della desolazione" cioè,
l'abbominazione che produce la desolazione, dovevano in
ogni caso avere il medesimo significato. In 1Maccabei
1:54, si legge che i Giudei applicavano quelle parole
all'idolo, od all'altare pagano, eretto nel tempio di
Gerusalemme da Antioco Epifane. Era dunque naturale
che anche i discepoli applicassero le parole del Signore
ad una potenza idolatra e conquistatrice, la quale doveva
contaminare e riempire di desolazione la città ed il
tempio, come aveva fatto Antioco. Secondo la maggior
parte dei commentatori, quella potenza era Roma
imperiale, gli eserciti della quale furono esecutori dei
giudizi di Dio contro Gerusalemme, e le cui insegne
portavano l'effigie dell'imperatore o dell'aquila imperiale,
oggetti di culto per i soldati. Però Stier, Alford ed alcuni
altri, coll'espressione: "l'abbominazione", intendono la
morale e religiosa depravazione dei Giudei dentro la
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santa città, ed appoggiano la loro idea sopra certi passi
di Flavio Guer. Giud.4:3, 6-8; 4:6,3, che però non
provano nulla. I casi in questi passi ricordati accaddero
dopo che Tito ebbe posto l'assedio davanti a
Gerusalemme, cioè quando la fuga consigliata dal
Signore non era più possibile. D'altronde, il passo
parallelo di Luca 21:20 toglie ogni dubbio, essendo in
esso scritto: "ora, quando vedrete Gerusalemme
circondatad'eserciti, sappiate", ecc.
posta in luogo santo
Molti intendono queste parole del tempio; ma è,
probabilmente, perché diveniva impossibile ai discepoli
di fuggire dopo che le insegne romane sarebbero state
poste in quel sacro recinto, che Stier ed altri adottarono
la sopraccennata interpretazione. Si osservi però che
non c'è qui l'articolo, il quale si trova sempre
nell'originale quando si parla del tempio; e siccome la
città di Gerusalemme, la vetta del Moria, sulla quale si
innalzava il tempio, ed il monte degli Ulivi, eran tutti
considerati come santi a cagione della vicinanza della
Casa di Dio, noi crediamo, con Bengel, che si tratti in
questa frase del monte degli Ulivi, e delle alture al Nord
del Moria, che furono più tardi occupate dall'esercito
romano Flavio, Guer. Giud. 5, 2, 3. Questa
interpretazione viene confermata dalle parola di Luca:
"Quando vedrete Gerusalemme circondata d'eserciti".
Sieno queste una spiegazione che Luca dà ai suoi lettori
Gentili delle parole "l'abbominazione, ecc." o sieno esse
pronunziate da Cristo stesso, esse indicano il tempo in
cui i discepoli dovevano fuggir dalla Giudea, cioè al
primo apparire dell'esercito romano e del suo campo
contro la santa città.
Se i cristiani non fossero fuggiti prima che Tito avesse
posto il suo campo sullo Scopus che è la estremità
settentrionale del monte degli Ulivi, A. D. 69, o 70, essi
non avrebbero più potuto farlo, atteso che, mentre i
sicari che padroneggiavano la città scannavano come
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disertore chiunque tentava uscirne, l'esercito romano, al
quale tre giorni erano bastati per cingerla di un muro,
intercettava ogni comunicazione col difuori. Pochi anni
prima, Cestio Gallo, governator di Siria A. D. 64, 65,
aveva assediato Gerusalemme con un esercito numeroso;
ma, quando la, città stava per capitolare perdutosi
d'animo, subitamente abbandonò l'assedio e fece una
ritirata disastrosa verso Cesarea Flavio Guer. Giud. 2. 9,
6. Secondo noi, questa spedizione di Cestio dovea essere
il segnale della fuga che il Signore dava ai suoi discepoli.
Flavio, parlando della ritirata di Cestio, dice che "nessun
motivo al mondo poteva spiegare la sua condotta"; ma
coloro che riconoscono la mano di Dio nella storia,
vedono in questo fatto non solo l'adempimento della
profezia di Gesù ma una via di scampo offerta
provvidenzialmente ai discepoli dal capriccio o dal timor
panico del generale romano. Però, se il lettore preferisce
riferire la espressione: "l'abbominazione della
desolazione" all'esercito di Tito, la necessità d'una pronta
fuga si fa maggiore, poiché rimanevano, per eseguirla,
non più alcuni giorni, ma poche ore. La storia non fa
menzione neanche d'un cristiano che sia perito nella
distruzione di Gerusalemme. Lo storico Eusebio, nato in
Palestina verso la fine del terzo secolo, narra che "i
cristiani fuggirono a Pella, città all'E. del Giordano verso
l'estremità settentrionale della Perea chiamata oggidì
dagli Arabi: Tubakat-Fahel, ubbidendo ad un ordine
profetico, e così evitarono le calamità che sommersero la
nazione". Il passo Luca 21:21 sia che si riferisca a
Gerusalemme od alla Giudea, li consiglia a fuggire da
quella e da questa, e così fecero, rifugiandosi in una
provincia vicina, in pace con Roma.
Siffatto linguaggio, applicato alla distruzione di una sola
città, può sembrare iperbolico ed esagerato, ma non lo è.
Giuseppe Flavio, e, quel che più sorprende, anche Tacito,
storico romano, adoprano un linguaggio quasi identico.
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*ADORAZIONE*
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